(Immagine presa dal web)
In occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne, voglio riproporre un mio vecchio scritto, pubblicato qualche mese fa nel blog:
https://cippes.wordpress.com/2014/05/12/rabbia/
Inoltre vorrei aggiungere un piccolo racconto.
ROSSO SCARLATTO:
(Immagine presa dal web)
Mi innamorai di Mario non appena lo conobbi. Studiavamo insieme, io ero arrivata a Milano quell’estate per sostenere l’esame di ammissione alla facoltà di medicina. Lo conobbi quella mattina, quando mi recai all’Università per sostenere il test. Il caso volle che sedemmo l’uno accanto all’altro. Ricordo il suo sorriso accattivante, la sua calma e sicurezza nell’affrontare l’esame, mentre io avevo passato un’estate di notti insonni sui libri, ed ora ero là agitatissima e spaventata di non farcela. Lui se ne accorse e riuscì magicamente a mettermi a mio agio, distraendomi con battute divertenti, finchè la tensione si spense. Dopo l’esame mi invitò per un caffè al bar, che accettai molto volentieri. Lui era proprio di Milano, mentre io venivo da un paesino della Basilicata e non conoscevo nessuno. Così è iniziata tra me e Mario: con un test di ammissione, un caffè e tante serate a seguire. Era perfetto: gentile, accorto, simpatico, dolce, premuroso, affascinante. Ci mettemmo insieme quasi subito; conobbi la sua famiglia, i suoi amici…tutti erano così gentili con me! Mario aveva qualche anno più di me, e questo mi faceva sentire la sua “piccolina”. Adoravo passare le mie giornate con lui. Passeggiavamo per il centro di Milano, mi faceva scoprire ogni volta dei piccoli angoli nascosti che solo lui conosceva…studiavamo insieme…eravamo quasi inseparabili. Ed il sesso con lui era fantastico. Non che avessi avuto chissà quali esperienze prima, ma lui mi guidava e tirava fuori la passione che era in me. Per un anno fummo la coppia più felice del mondo, o almeno così credevo. Poi lui rimase indietro con gli esami, cominciò a lavorare in un night di un suo amico facendo tardi tutte le sere. Cominciammo a vederci sempre meno. Io ero preoccupata per lui, glielo dissi ma lui reagì in modo violento urlandomi contro, che ero una rompiscatole, una bambina viziata e di lasciarlo stare. Fu la nostra prima vera litigata. Non lo avevo mai visto così, mai era stato aggressivo nei miei confronti. Ero sconcertata. Passai due settimane d’inferno in cui Mario non si fece sentire nè vedere. Non dormivo più la notte, ero sempre in ansia…non capivo. Poi una mattina me lo ritrovai sotto casa, con un mazzo enorme di rose rosse. Non appena mi vide scoppiò in lacrime, chiedendomi di perdonarlo. Ci abbracciammo e rimanemmo stretti l’uno all’altro per il resto della giornata. Il mese successivo andammo a convivere. Passò un altro anno: Mario sembrava essere tornato il ragazzo di cui mi ero innamorata quel lontano giorno di settembre. Poi una sera di gennaio tutto cambiò. Quella sera avevamo invitato i nostri amici a cena; Mario era uscito per comprare il pane che avevo dimenticato. Dopo un’ora non era ancora rientrato. Preoccupata lo avevo cercato sul cellulare, ma era spento. Dopo due ore ancora niente. Fui costretta ad annullare la serata con gli amici, inventando una scusa. Per tutta la notte lo chiamai:” Tim il cliente…” Ero fuori di me, non sapevo cosa fare. Poi verso le cinque di mattina sentii la chiave girare nella serratura. Era lui. Ubriaco fradicio. Gli chiesi dove fosse stato. Mi rispose:” Vaffanculo” e se ne andò in camera. Lo trovai svenuto nel letto. Piansi accovacciata vicino a lui. Il giorno seguente provai a chiedergli delle spiegazioni. Mi insultò, e per la prima volta mi diede uno schiaffo. Mi prese in piena faccia, sull’occhio destro. Barcollai, lo guardai senza riconoscerlo, feci per scappare ma mi afferrò per un polso. “Perdonami, perdonami, o mio Dio cosa ti ho fatto…scusami amore mio…non volevo, cosa ho che non va….io ti amo, perdonami, mi sento un verme”. Mi sussurrò nelle orecchie. Che dovevo fare? Avevo paura, ma allo stesso tempo non potevo abbandonarlo, sentivo la sua disperazione…e poi le sue parole erano sincere. Rimasi accanto a lui quella notte. La mattina seguente mi risvegliai con un occhio nero. Mi guardai allo specchio, come avrei fatto a nasconderlo? Passò una settimana, Mario sembrava tornato alla normalità, ma io dopo quello schiaffo non ero più la stessa, non riuscivo ad essere tranquilla sebbene l’avessi perdonato. L’incubo in cui caddi si materializzò da lì a qualche giorno. Mario iniziò a tornare a casa tutte le sere ubriaco, ad alzare la voce con me, fino a che cominciò ad usarmi violenza. La prima volta, solo perchè mi rifiutai di fare sesso con lui, mi colpì violentemente e ripetutamente con pugni, sulle costole, sulla pancia. Nei giorni seguenti, trovò un sms di un mio amico sul cellulare, e mi fece una scenata di gelosia urlandomi contro le peggiori parole che mai avrei immaginato potessi sentire rivolte a me. Mi diede della puttana succhiacazzi a tradimento, mi disse di fargli schifo, che ero solo una schifosa cagna che doveva essere messa in riga, e che se volevo il cazzo lui era pronto a darmelo…mentre io piangevo e lo imploravo di smettere lui se lo tirò fuori e mi ordinò di succhiarglielo, perchè ero brava solo a far quello, a prendere cazzi in bocca. Me lo spinse a forza fino in gola, stavo per soffocare, calde lacrime mi rigavano il volto, un conato di vomito lo costrinse sa togliere il suo pene dal mia bocca. ” Non servi proprio a niente” mi disse e chiuse la porta alle sue spalle, lasciandomi là sola, piena di paura, sotto shock e disperata. Tornò un’ora dopo. Di nuovo mi chiese scusa, mi implorò di perdonarlo; di nuovo disse di amarmi. Ancora una volta lo perdonai. Purtroppo però, la mia vita non fu più come prima. Da allora per i seguenti sei mesi fui vittima della sua furia e violenza, della sua gelosia ed aggressività. Venivo picchiata per un non nulla: calci, pugni…venivo trascinata per i capelli per casa. Ero terrorizzata, non credevo che tutto questo stesse accadendo a me. La mia famiglia, i miei amici erano preoccupati per me, Mario mi aveva allontanato da tutti loro. Quando un giorno, finalmente decisi di raccontare tutto alla mia migliore amica, lei mi disse di fare subito la valigia ed andarmene al più presto da quella casa. Lei avrebbe preso il primo treno per Milano e mi avrebbe portata per sempre via da là. Quella sera aspettai che Mario uscisse, presi la valigia ed iniziai ad infilarvi le mie cose. Non lo sentii rientrare. Sentii solo un calcio ben assestato sulle ginocchia che mi fece cadere in terra. Non riuscii a rialzarmi che un altro calcio mi colpì sulle costole. “Dove cazzo credevi di andare, eh puttana? Volevi lasciarmi non è vero?” E mi afferrò per i capelli sbattendomi il viso con violenza contro lo specchio dell’armadio. Un rumore di vetri rotti, il sapore dolce del sangue che colava dalle mie labbra, lo stordimento, la paura:mai lo avevo visto così. Fu allora che credetti di morire. Ero sicura che mi avrebbe ucciso. Cercai di urlare, ma mi trascinò per tutta casa, urlandomi in faccia che non lo avrei mai lasciato, che ero solo sua. Continuò a prendermi a calci, come se fossi un sacco sella spazzatura…non sentivo più il dolore…probabilmente mi aveva anche fratturato qualche costola…ma ormai stavo perdendo i sensi…quando smise. Mi lasciò sola nel corridoio. Cercai di respirare e riprendere fiato, mentre il sangue continuava a colarmi dal volto, e cercai di muovermi, ma un dolore lancinante alle costole mi lasciò senza fiato. Stavo per svenire, non potevo permettermelo….sarebbe tornato a breve…e non mi avrebbe lasciato viva. Dovevo farmi forza, coraggio e cercare di scappare nonostante il dolore che provavo. Strisciai verso la porta di casa, ero quasi arrivata a toccarla quando sentii afferrarmi per le caviglie. Mi voltò, e vidi con orrore che teneva un coltello da cucina in mano. Mi guardò con uno sguardo folle. Senza dire una parola vidi la sua mano stringere il coltello alzarsi sopra di me. Capii che avrebbe sferrato un colpo, poi un altro ed un altro ancora. Con tutte le forze cercai di divincolarmi dalla sua presa sferrando calci…..feci un respiro profondo e con tutto il fiato che avevo in gola cominciai ad urlare. Non si era aspettato questa reazione da me. Per un attimo fu spiazzato, riuscendo tuttavia a bloccarmi di nuovo…e fu allora che sentii la mia carne lacerarsi…misi istintivamente la mia mano sulla ferita, sul mio fianco…e vidi che era rossa, sporca di un rosso scarlatto…sporca del mio sangue…mentre alzai su di lui il mio sguardo implorandolo con gli occhi di smettere…perché mi stava facendo tutto questo? in un attimo rivissi tutta la mia storia con Mario…e non riuscivo a capacitarmi di quello che stava succedendo. Perché a me? Perché non me ne sono andata quando mi aveva colpita per la prima volta? Perché? Perché? Perché? L’ultima cosa che ricordo fu il suono delle sirene che squarciarono il silenzio di quella notte diventata un incubo. Qualcuno aveva udito le mie urla…e queste mi salvarono la vita. Rimasi diversi mesi in ospedale. Mario fu arrestato per tentato omicidio. Io abbandonai l’università e tornai al mio paese. Ogni volta che mi spoglio, la vedo è là sul mio fianco, quella brutta cicatrice che rimarrà a vita scolpita sul mio corpo, a ricordarmi la mia storia, a ricordarmi un periodo della mia vita iniziato felicemente e trasformatosi presto in un incubo. Per molto tempo non ero più riuscita a frequentare, farmi toccare e guardare da un uomo. Mi ci sono voluti anni e tutto l’affetto dei miei cari perchè io oggi possa raccontare quello che mi accadde negli anni che avrebbero dovuto essere gli anni migliori della mia vita, dove la spensieratezza e la freschezza di una giovane ragazza del sud si scontrarono con un ragazzo che diceva di amarla anche quando la umiliava, la picchiava e la insultava. L’amore, sì l’amore, perché per Mario il suo era amore; ma l’amore, quello vero, è tutta un’altra cosa. (Dedicato a tutte le donne e a tutti gli uomini).
Lunacontrolaviolenzasulledonne.
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